La generatività educativa nell’ottica dell’antropologia cristiana.

Riprendo l'articolo di Sr. Cristina Merli pubblicato sul sito www.fmalombardia.it perchè fa una bella sintesi dell'incontro al quale ho partecipato il 7 settembre 2019 nell'occasione della programmazione ispettoriale delle Figlie di Maria Ausiliatrice della Lombardia.

Buona lettura e...per chi volesse qualche approfondimento scrivetemi: presidenza@exallievefma-varese.it

L'immagine che ho scelto è il dipinto di Van Gogh "I primi passi". Perchè bene si intravede quanto sia importante la relazione: accompagnare, sostenere, lasciare andare, accogliere... E' la metafora della vita.


Mauro Magatti e Chiara Giaccardi sono docenti universitari, sposati da 34 anni, 4 figli naturali e 2 adottati. Vivono a Como, in una casa religiosa delle suore di Sant’Angela Merici data loro in comodato d’uso.
10 anni fa hanno fondato un’Associazione di famiglie che ospita, nella stessa struttura, altre famiglie emigrate.

Mauro e Chiara, ospiti della nostra grande assemblea di religiose e di laici, parlano con la freschezza di linguaggio che nasce dall’incontro della vita con la ricerca teorica e con la solidità di contenuti scientifici che sposano l’esperienza quotidiana.
Citano più volte il loro nuovo libro scritto a quattro mani: “La scommessa cattolica. C’è ancora un nesso tra il destino delle nostre società e le vicende del cristianesimo?”. È qui che hanno messo nero su bianco il vissuto che incrocia realtà quotidiana personale, sociale, ecclesiale e professionale.

È stato chiesto loro un intervento dal titolo: La generatività educativa nell’ottica dell’antropologia cristiana.
Ci si sarebbe potuti aspettare ore dense di alta teorizzazione. È accaduto tutt’altro: la loro interpretazione della società, delle relazioni, della persona sgorga da un’esistenza profondamente vissuta e riletta giorno per giorno.

Magatti ha dato i fondamenti del paradigma della generatività partendo da quanto Benedetto XVI afferma nella Caritas in Veritate: c’è una netta separazione tra esperienza cristiana e organizzazione della società e questo deriva dall’esserci piegati alla tecnocrazia che distrugge il mondo e la vita perché cerca di dominarli. Se vogliamo affrontare questa separazione dobbiamo calarci nella realtà, uscire dall’idea di poterla controllare e recuperare la dimensione relazionale.

Dobbiamo passare dal “fare cose” al “generare”, cioè al mettere al mondo non qualcosa che mi corrisponda, ma ciò che, a sua volta, possa far nascere il nuovo. È questa la possibilità che abbiamo per vivere una vita piena.

Chiara ha proseguito spiegandoci in modo chiaro e convincente, perché tratto dal dinamismo della vita stessa, il paradigma della generatività, indispensabile per costruire relazioni che facciano bene. È composto da quattro movimenti: desiderare, mettere al mondo, prendersi cura, lasciare andare.

Dobbiamo tornare a scoprire i desideri profondi che ci costituiscono, che ci svelano ciò per cui siamo fatti. Il desiderio spinge a creare, a mettere al mondo qualcosa che prima non c’era. Bisogna poi prendersi cura di ciò che si è generato, vivendo una prossimità anche fisica: Gesù si è incarnato e ha fatto della carne il luogo della relazione. Infine, è necessario avere il coraggio di lasciar andare, perché ciò che abbiamo desiderato, messo al mondo e di cui ci siamo presi cura possa a sua volta generare qualcosa di nuovo.

È questo il paradigma della Vita, perché è il paradigma stesso del Dio “generatore” della Genesi.

Tutto ciò apre a modi altri di pensarci, di stare insieme, di dialogare, di comunicare, di pregare, di immaginarsi il futuro.

È questa la sfida per le nostre comunità educanti: educarci ed educare a fare quel  movimento che ci spinge ad abbracciare l’altro e la realtà, affidandoci alla vita per andare oltre noi stessi. Come dice Chiara, la vita non ha in sé modelli che si possono replicare, ma dinamismi che aprono alla possibilità di creazioni sempre nuove.


Oltre che per ogni comunità educante, questa sfida è importante perchè riguarda ciascun essere umano, ciascuno di noi indipendente dalla vocazione personale e dalla strada intrapresa nella vita. Si educa sempre, si genera in ogni momento della nostra storia. Con le parole e i gesti che scegliamo di esprimere possiamo "dare vita" a chi ci sta accanto. Oppure dare dolore e quindi morte. Buoni samaritani? Non solo. Anche noi troveremo giovamento dai nostri atteggiamenti, le relazioni miglioreranno e la vita buona sarà "qui e ora".

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